Il 4 Agosto scorso sono partita
dall'areoporto di Venezia per una nuova avventura..
circa 22 ore dopo avevo sorvolato la
Turchia, l'Iran, il Pakistan e l'India ed ero finalmente nella terra
del sorriso.. la Thailandia.
Sapevo poco o niente di quello che mi
aspettava , e forse era questo ad entusiasmarmi così tanto.
Dovevo raggiungere la provincia di
Samut Prakan, dove mi aspettavano il Dottor Amporn, il direttore di FORDEC, centro diurno perbambini disagiati, e le maestre, con le quali avrei passato gran
parte del mio tempo in quella magica parentesi.
La mia giornata tipo consisteva
nell'accogliere quasi 200 bambini dai 2 ai 7 anni, dargli del latte
caldo, insegnare qualche parola o canzone in inglese , giochi,
balletti, aiutare le cuoche con le zuppe al latte di cocco, pulire i
bambini che arrivavano al centro sporchi, metterli a fare il
riposino, lavargli i denti e tutto il resto, in collaborazione con le
maestre e qualche volontario.
Nessuno sapeva più di due parole di
inglese, e questo è stato per me un punto di grande difficoltà ma
anche uno spunto verso una comunicazione a mio parere ancor più
schietta delle parole, fatta di gesti, espressioni, risate,
emozioni..
quando al pomeriggio finivo di
lavorare, ero sola; spesso decidevo di andare al mercato a comprare
qualche cibo locale per pochi centesimi, o di girare per le vie
povere, ricoperte di rifiuti munita della mia macchina fotografica,
mi sono accorta ben presto di essere l'unica "turista" ,
per di più bionda, con la pelle chiara e il naso aguzzo, come
dicevano loro. A volte mi sentivo terribilmente in soggezione dai
continui sguardi, ma quasi sempre quando li ricambiavo ricevevo dei
larghi sorrisi o degli accenni di inchino in segno di accoglienza e
rispetto; valori fondamentali per la loro cultura.
Ben presto ho imparato a comportarmi a
modo, utilizzare qualche parola in thai, salutare con le mani in segno
di preghiera con il 'wai', evitare di toccare o puntare il dito verso
le persone, passare le cose di valore con la mano destra, anche se da
mancina non è stato sempre facile.. togliere le scarpe all'ingresso
delle case e dei templi senza calpestare il muretto di accesso,
essere silenziosa ma specialmente vestirmi in modo appropriato! Si,
perché nonostante i quasi 40 gradi e l'elevatissima umidità, per le
donne è necessario coprire le gambe, il ventre e le spalle quando ci
si presenta in un luogo pubblico.
Ci sarebbero moltissime cose da dire di
questa terra meravigliosa, quello che io ho percepito senza ombra di
dubbio è che si tratta di un popolo di lavoratori, che vivono la
vita serenamente, giorno dopo giorno, che nella povertà non hanno
dimenticato il significato di comunità.
Persone che aspettano per ore pazienti
net traffico o in fila, che se si urtano non esitano un istante a
chiedere scusa, che si preoccupano se non ti vedono sorridere per più
di dieci minuti, che ci tengono a mostrarti la loro casa, la loro
famiglia, il loro cibo povero,colorato e speziatissimo e che vivono
di piccole cose , nella semplicità dei gesti.
In questo strano mondo mi sono sentita
a casa, parte di qualcosa di sconosciuto e terribilmente
affascinante, come afferma Anatole France "Viaggiare
ristabilisce l’armonia originale che un tempo esisteva tra l’uomo
e l’universo. "
Non sapevo dove stavo andando, non ero
alla ricerca di nulla.. eppure quel mese d'estate mi ha lasciato un
inspiegabile senso di pienezza e di pace.
"Ma
i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a
palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre
“Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme
delle nuvole."
(Charles Baudelaire)
(Charles Baudelaire)
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